Studio, formazione e lavoro. Il caso FID

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È possibile ricostruire un’esistenza andata in frantumi? È possibile riavvolgere il nastro e liberarsi del danno fatto e della sofferenza inferta? Spesso siamo davanti a sliding doors ma non ne abbiamo contezza, avremmo potuto fare altre scelte ma abbiamo imbroccato la porta sbagliata, quell’azione che sembra bloccata in un fotogramma e che ci conduce ad una esistenza disidratata, al vuoto di una vita privata della libertà personale, chiusa da grate e chiavistelli, trascorsa in uno spazio-tempo anche difficile da immaginare. Gli studi e le statistiche, ma anche i diretti interessati, ci aprono ad una possibile soluzione che non è semplice e che non tutti hanno la possibilità di praticare e che si riassume in poche parole: studio, formazione e lavoro dentro il carcere ma soprattutto fuori.

Nella nostra trasmissione – Liberi dentro Eduradio&Tv – queste parole riecheggiano di frequente perché sono i veri agenti di cambiamento, sono parole generative che assumono valore quando diventano concrete e quando vedono persone ristrette impegnarsi, avere accanto il sostegno dei tutor e dell’Amministrazione penitenziaria, dei colleghi di studio e di lavoro e la prospettiva di una continuità lavorativa una volta scontata la pena. In poche parole, una seconda chance. Una seconda possibilità che a Bologna viene offerta da ormai 10 anni nella Casa circondariale Rocco D’Amato grazie a FID (Fare Impresa in Dozza), un’azienda meccanica nata per iniziativa di G.D, IMA e Marchesini Group, ai quali si è aggiunto il Gruppo FAAC, con lo scopo di agevolare il reinserimento nella società civile di persone in condizioni di oggettivo svantaggio. Sino ad oggi sono 30 i detenuti/collaboratori che, grazie ad un percorso formativo e a un lavoro regolarmente retribuito, hanno avuto l’opportunità di ritornare ad una vita “normale”, di reinserirsi nella società civile contribuendo de facto a destrutturare stigma e stereotipi, con la diretta conseguenza di diminuire i numeri della recidiva e aumentare la sicurezza delle nostre città. È evidentemente un gioco di sinergie e tutti sono chiamati all’appello.

Lungi dal celebrare i 10 anni di FID, su espressa richiesta del CdM, (anche se sarebbe ingiusto non riconoscergli il merito di aver avuto spalle larghe e instancabile determinazione nel raggiungere questo traguardo temporale) il 23 giugno prossimo alle 17.30 presso il MAST auditorium di Bologna verranno presentati i risultati di una ricerca curata da Valerio Pascali e Alvise Sbraccia – La fabbrica in carcere e il lavoro all’esterno. Uno studio di caso su fare Impresa in Dozza – basata su metodi essenzialmente qualitativi e su interviste a tutti gli attori coinvolti. Lo studio è stato sviluppato in chiave comparativa, mantenendo aperto il dialogo con la letteratura sociologica sui temi delle valenze del lavoro all’interno del carcere, delle fasi di transizione in prossimità del fine pena, delle traiettorie di uscita dalla stessa e del rientro in società. Un progetto complesso e ambizioso che potrebbe magari non essere facilmente replicabile con le stesse modalità, ma che dimostra che lavorare in carcere e continuare fuori da parte dell’impresa non è una scelta estrema né un atto di buonismo, ma un agire etico che tende a reintegrare nella società civile chi ha commesso un errore e ne ha pagato le conseguenze attraverso la detenzione. D’altra parte, la nostra meravigliosa Costituzione sancisce con l’art. 1 che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e con l’art. 27 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Antonella Cortese

Link per iscrizione all’evento: https://www.mast.org/fare-impresa-in-dozza

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