Pasqua in distanziamento carcerario: messaggio del vescovo Zuppi su Liberi dentro

Liberi dentro - Eduradio&Tv, Regione E-R

Un volto e una storia: p. Matteo Zuppi prima ancora di essere l’arcivescovo di Bologna, è stato insegnate e collaboratore in Sant’Egidio nelle scuole popolari dei sobborghi romani, poi con gli anziani soli, con gli immigrati, e con i carcerati del Regina Coeli e di Rebibbia, dove ogni sabato entrava per fare visita ai detenuti. E anche da quando Bologna lo ha accolto si è sempre speso per incontrare i detenuti e le detenute della Dozza.

📌Questa sera dunque, a motivo ancora del distanziamento carcerario che prolunga la nostra assenza come volontari nelle carceri, io e Ignazio de Francesco lo abbiamo intervistato per raccogliere il suo messaggio speciale per la Pasqua. Sarà trasmesso alle ore 21,00 su #Teletricolore canale 636 e sarà più caldo che mai. Non perderlo qui in streaming: https://www.teletricolore.it/?fbclid=IwAR34V4MSd7sFFlPS5I2zmqLtoBCvhxC0-KTOeRg2AZxV3B_bMamqZ1mDBbc

Ferragosto interreligioso: messaggio islamo-cristiano ai detenuti della Dozza

Liberi dentro - Eduradio&Tv

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Messaggio di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna

Carissime/i, innanzitutto buona festa dell’Assunta. Per qualcuno è “San Ferragosto”, una specie di festa civile sacra per cui qualcuno va fuori, le nostre famiglie si ritrovano e lo sentiamo anche come giorno di grande vicinanza anche se purtroppo non possiamo manifestarla ed esserci come vorremmo. Questo ci fa soffrire un po’ ma è una sofferenza che possiamo vincere mandando qualche messaggio, mostrando tanta attenzione e soprattutto vincere cambiando perché quanto prima possiate vivere con gioia insieme alle vostre persone care, questo è anche il mio augurio. Credo che è una delle riflessioni più importanti che stiamo facendo, che state facendo: far soffrire qualcuno è perché voi soffrite, ma chi vi vuole bene soffre anche perché forse per certi versi anche più di voi, e questa sofferenza ci deve aiutare a dire “Basta, cambio! Voglio essere diverso, non accetterò mai di dividermi”. Ci si divide quando poi alla fine si pensa o si finisce per fare delle cose che fanno del male a se stessi in primo luogo ma – ed è ancora più grave – alle persone che ci vogliono bene.

È una festa importantissima quella dell’Assunta che celebra Maria la madre di Gesù, una donna umile tutt’altro che “importante”: quando l’angelo va da lei a Nazareth e le dice “Guarda tu sei piena di grazia, tu darai alla luce un figlio che sarà Gesù” e lei era stupitissima: “Io? A Nazareth?”. Nazareth, sapete, è un paese talmente piccolino nella montagna della Galilea, che era la regione più periferica di Israele, che non ci stavano nemmeno nelle mappe dell’epoca. Nemmeno era segnata Nazareth, tanto era così piccola e poco importante. E Dio non cerca le persone più importanti, grandi, quelle che si credono chissà chi ma le persone umili, le persone che gli aprono il cuore, le persone così come sono, le persone anche con tante ferite, con tante difficoltà, ma che gli aprono il cuore. Perché al Signore interessa il cuore, non interessa quello che sta intorno ma quello che c’è dentro: perché è lì il problema nostro! Poi aggiustiamo quel che c’è fuori ma la prima cosa che interessa al Signore, ma che ci interessa anche per davvero, siccome poi quello che c’è fuori si può inventare di tutto ma è quello che c’è dentro è quello che cambia per davvero.

Ecco, Maria muore come tutti gli uomini, come Gesù. E la fede della Chiesa, che poi è diventato un dogma, una certezza, vuole che Maria quando muore viene presa dal Signore e, appunto, assunta in cielo, portata in cielo. E c’è un’immagine che voglio farvi vedere, un’immagine bellissima che mi fa tanto commuovere, perché noi siamo abituati a vedere tante immagini di Madonne che raffigurano Maria con suo figlio, con il bambino e Maria che fa nascere Gesù. E’ questa una fede bellissima di Dio che diventa come me, che diventa uomo, e diventando uomo diventa vulnerabile, debole, muore!

E se c’è una cosa sicura quando uno nasce è che poi c’è anche la fine. E lui scegliendo di nascere, Dio con Gesù, vuol dire anche che si fa tanto amico nostro che sceglie anche di affrontare la vita come noi. Infatti non vive da superuomo ma vive da uomo vero, e la vita di Gesù è la vita da uomo vero che vuoi bene, che va incontro agli altri, che perdona, che dà la vita per gli altri! Quello che dobbiamo fare anche noi. Quando Maria muore, alla fine della sua vita succede questo: ed è questa immagine davvero così commovente in cui – vedete – è Gesù che prende con sé Maria piccola, la prende – e vedete Maria che è quasi un pò intimorita – per portarla in cielo. Sarebbe per farla nascere al cielo: perché per i cristiani la morte è la nascita all’altra vita. Maria ha dato la vita sulla terra, Gesù fa nascere dal cielo e ci fa nascere al cielo anche già qui, perché quando prendiamo sul serio Gesù diventiamo nuovi, possiamo cambiare, ci dà speranza, ci fa nascere tanti sentimenti importanti belli di amore verso gli altri.

Poi al termine della nostra vita Gesù fa così con noi come ha fatto con sua madre, quella che ha creduto nell’adempimento della Parola cioè la prima che ho detto “sì” a Dio che si è fatto uomo, che l’ha seguito fin sotto la croce e che quando muore il Figlio non l’abbandona ma la prende con sé e la porta perché nasca alla vita del cielo. Ecco, questo è anche la nostra fede e anche la bellezza della nostra vita. Sappiamo che Gesù non ci lascia soli e pensiamo a due cose: la prima, a tutti quanti quelli che stanno in cielo perché Maria – la prima dei cristiani – che Gesù ha portato (ed è questo è il privilegio di sua madre che la porta direttamente in cielo con tutto il suo corpo, come l’abbiamo visto nella raffigurazione: questo mosaico bellissimo che sta a Roma nella chiesa in cui ero parroco a Trastevere.

Ma questo il Signore lo può fare anche con le nostre persone care che tutti noi abbiamo e che sono in cielo, e allora pensiamo che stando con Maria vengono accolte dal Signore che ci vuole portare in cielo. E l’altra cosa è questa: lasciamoci tirar su! Assumere vuol dire così, può significare: “ti assumo”, ti prendo a lavorare con me, oppure “ti assumo, ti sollevo”. E Gesù ci prende un po’ lavorare con lui, lasciamoci prendere a lavorare con lui: è il lavoro più bello che c’è perché ci dà tanta soddisfazione aiutare Gesù a voler bene agli altri. E poi, lasciamoci tirare su: qualche volta siamo proprio giù, ci sembra che vada tutto storto e che ormai non si possa fare più niente. Credo che invece sentiamo, pensando a Maria assunta in cielo, sentiamo che il Signore tira su anche noi e continua a darci fiducia.

Ma noi diciamo “Io l’ho combinata che più di così non potevo! Ho fatto pure del male a mia madre!”, qualcuno di noi è riuscito a far male pure alle persone che amava! E in un qualche modo è ovvio che facendo il male, lo facciamo anche alle persone che amiamo, ma il Signore vince il mare con l’amore e ci continua tirare su perché ci vuole bene e perché vuole che la nostra vita qui, e dopo la vita, finisca in cielo. E allora buona Assunta, e un pezzetto di questo cielo comincia quando sentiamo quanto il Signore ci voglio bene e anche quando impariamo a voler bene agli altri nelle cose piccole come nelle cose grandi. Buona festa, tanta fiducia e sentiamo quanto il Signore ci tira su dalle nostre difficoltà perché ci vuole bene e vuole un futuro anche per noi.

Messaggio di Rosanna Maryam Sirignano, esperta di studi islamici e autrice de “La mia Siria – l’umanità che resiste”

Il 15 agosto è un giorno di festa per tutti i cittadini e le cittadine italiani. Concerti, eventi culturali, gite con la famiglia, semplici passeggiate, relax a casa. Molti prendono questa giornata come una festa, una pausa nella pienezza dell’estate, che si accinge a fare spazio all’autunno. Quest’anno viviamo questa giornata dopo una dura prova, quella del lockdown, quella della malattia, della paura, dell’incertezza. Rivolgiamo dunque un pensiero e una preghiera a chi ha sofferto e a chi ha lasciato questa vita durante questo incredibile 2020.

Il 15 agosto ricordiamo è per i fedeli cristiani cattolici il giorno dell’assunzione di Maria, madre di Gesù. Per le strade delle nostre città si vedono spesso sfilare uomini, donne, ragazzi, ragazze, bambini e bambine dietro una statua o un’immagine della Vergine Maria. Da credente musulmana, faccio i miei auguri ai fratelli e alle sorelle cristiani, che grazie alle loro celebrazioni ci riconducono ad un legame forte e profondo con Maria, Maryam nel Corano. Maryam, madre di Gesù nel Corano ha un ruolo importantissimo, è stata elevata da Dio ad una purezza superiore rispetto alle altre donne; i racconti che la riguardano hanno molteplici significati che si rinnovano di anno in anno, di generazione in generazione, conducendoci a scoprire una fede rinnovata. Maryam è definita as-siddiqa, colei che dice sempre la verità, ma anche colei che ha una fede incrollabile.

Le immagini di Maria, della Madonna finemente realizzati da artisti di tutti i tempi per i luoghi di culto cristiani, mi accompagnano da quando sono bambina. Lo stesso vale per le immagini che alcuni conservano nel portafoglio o espongono nelle case. Da italiana è impossibile sfuggire a questa immagine e da donna è facile scorgere il proprio riflesso in questa immagine che parla del bisogno universale di sentirsi accolti, amati nella dolcezza. Vivendo in un paese dove chiese e opere d’arti cristiane abbondano ci si potrebbe sentire soli, privi di punti di riferimento, una minoranza, come spesso si sente dire. È un po’ come vivere in un paese straniero di cui non si conosce la lingua. All’inizio è complicato, le parole sembrano suoni senza senso, le persone sembrano anni luce lontani da noi. Poi ci si accorge che le parole non sono tutto, esistono altri linguaggi che hanno bisogno di attenzione e cura per essere compresi: ci sono i gesti, ci sono gli sguardi. Poco alla volta si imparano anche le parole e si diventa più ricchi. Le religioni sono i diversi linguaggi spirituali in cui ci esprimiamo.

Vivere la propria fede in costante dialogo con le altre persone ci arricchisce, se siamo pronti allo sforzo dell’incontro, della ricerca e scoperta di un linguaggio comune. Ecco, come la celebrazione dell’assunzione di Maria, può essere di beneficio per i musulmani: il 15 agosto insieme ai fratelli e le sorelle cristiani abbiamo la possibilità di meditare sull’importanza di Maria nel Corano, come esempio di credente puro, come esempio di pazienza e di fiducioso abbandono a Dio, esempio di virtù e di umanità. Maria/Maryam è la donna che unisce mondi diversi, che fa emozionare credenti cristiani e musulmani, che oltrepassa i confini delle religioni e parla a tutti. Oggi Maria/Maryam, la donna che nel Corano partorisce sola, lontano da tutti, ci sussurra che non c’è motivo di aver paura, che siamo forti e coraggiosi, più di quanto pensiamo. La donna che in preda alla disperazione invoca Dio, ci ricorda che c’è sempre tempo di rifugiarsi nella speranza, la donna a cui Dio dolcemente risponde, nutrendola di datteri e acqua nel momento del parto, ci racconta che prima o dopo arriveranno gioia e conforto, la donna che risoluta affronta il giudizio della gente, ci riporta al centro di noi stessi, alla Bellezza e alla Verità celati nel cuore di tutti.

Auguri a tutti e tutte per il 15 agosto, che possa essere un giorno di gioia, di riflessione e meditazione, nel cammino comune di pace e dialogo, come persone, come cittadini, come credenti e persone spirituali, affinché possiamo costruire un vivere armonioso in uno stesso territorio, tutti insieme per lo stesso obiettivo: il bene comune.

Buongiorno presidente! | Eduradio incontra Mattarella

Liberi dentro - Eduradio&Tv, osservatorio carcere

In occasione delle stragi di Ustica e Bologna

Giovedì 30 luglio, in occasione dell’anniversario delle stragi di Ustica e di Bologna la visita in città del presidente Sergio Mattarella che, prima della messa in cattedrale e delle visite alla stazione centrale e al Museo della strage di Ustica, ha incontrato alle ore 10.45 in arcivescovado il vescovo Matteo Zuppi e una piccola rappresentanza redazionale del nutrito gruppo di Liberi dentro – Eduradio.

Per l’occorrenza la redazione ha deciso di rivolgere al presidente Mattarella un presente (un volume dedicato alla figura storica di Giuseppe Dossetti) accompagnato da una lettera di saluto e descrizione delle finalità della trasmissione radio-televisiva per il carcere e la cittadinanza che porta avanti dal 13 aprile.

La lettera è stata controfirmata dai rappresentanti della rete di realtà bolognesi che da anni opera presso il carcere della Dozza e che sostiene il programma radiofonico. Oltre alla delegazione Eduradio erano presenti suor Agnese della Comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata, residente a Monte sole (Marzabotto) e Ferruccio Laffi, testimonianza storica, sopravvissuto alla strage di Marzabotto.

Di seguito il testo della lettera al presidente Mattarella.

Egregio Presidente,

siamo un gruppo di operatori e volontari carcerari venuti ad accoglierLa oggi, e desideriamo innanzitutto ringraziarLa per la sua visita a Bologna in questi anniversari così importanti per la città e l’intero paese e per il Suo prezioso, anzi decisivo servizio a garanzia della vita democratica della Repubblica nel rispetto dei valori e dello spirito della nostra Costituzione. In tale occasione ci è caro farLe un piccolo dono che propone una ricostruzione del passato che forse ha qualche cosa da dire al nostro oggi: si tratta di una breve biografia di Giuseppe Dossetti che – ci piace qui ricordare – ha incrociato in momenti molto significativi Suo padre Bernardo e che crediamo parli ancora alla vita e alle coscienze degli italiani attenti alla costruzione di una vita sociale più giusta e alla ricerca di una democrazia sostanziale.

In continuità con tale percorso biografico animato dalla ricerca incessante di una attenzione fattiva verso i poveri e verso coloro che sono impediti di sviluppare adeguatamente la propria personalità e creatività, vorremmo raccontarLe qualcosa dell’iniziativa da noi avviata, locale e piccola, ma che speriamo capace di futuro: Liberi dentro – Eduradio. Avviata il 13 di aprile scorso, in piena emergenza covid-19, Liberi dentro è una trasmissione radiofonica di informazione, didattica e cultura per il carcere e la cittadinanza, ideata per rivolgersi anzitutto ai detenuti della Casa Circondariale “Rocco D’Amato” di Bologna. Va in onda da allora regolarmente su una rete radiofonica locale (Fujiko 103.1) e su una tv regionale (Rtr 292).

Tutto è partito all’indomani del blocco delle attività didattiche, rieducative e di assistenza spirituale in carcere, il 23 febbraio scorso, con una lettera aperta alle istituzioni per proporre l’idea di usare il canale della radio al fine di mantenere quella «vicinanza a distanza indispensabile in questo momento per mitigare l’isolamento, la paura e la frustrazione dei detenuti». Da questo primo appello è emerso un progetto condiviso: il programma unisce infatti le voci degli insegnanti del Centro per l’istruzione adulti del carcere (CPIA metropolitano), delle associazioni di volontariato AVoC e Poggeschi per il carcere, e di diversi rappresentanti delle fedi, non solo della Chiesa di Bologna (nella persona del Vescovo e del Cappellano carcerario) ma anche della comunità islamica. Il tutto con il
sostegno cordiale dei Garanti dei detenuti (regionale e comunale) e di tante altre realtà, e in pieno accordo con le autorità carcerarie. Gradualmente l’iniziativa si sta sviluppando a livello regionale, con coinvolgimento di operatori e volontari carcerari in case circondariali come Ferrara, Modena e Parma. E chissà che cresca anche a livello nazionale. La sfida è la “trasformazione” della radio/tv, unico apparecchio tecnologico ammesso nelle camere di detenzione, in strumento del progetto rieducativo.

Nell’occasione voglia gradire, Egregio Presidente, i nostri più cordiali saluti

Stefania Armati, Centro per l’Istruzione degli Adulti BO
M. Caterina Bombarda, Redazione Eduradio
Ignazio De Francesco, Piccola Famiglia dell’Annunziata
Roberto Lolli, AVoC
Marcello Mattè, Cappellano Casa Circondariale BO
Paola Piazzi, Poggeschi per il carcere

Domenica 26 luglio

Liberi dentro - Eduradio&Tv

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conduzione: Francesca Candioli e Maria Caterina Bombarda

in studio: Marco Bontempi (sociologo); don Giovanni Nicolini; Associazione AVOC; arcivescovo Matteo Zuppi; Fabrizio Mandreoli; Compagnia teatrale Maniaci d’Amore.

Eccoci giunti alla 2° edizione estiva dei “Week end di Liberi dentro – Eduradio” la nostra trasmissione dedicata al carcere e alla cittadinanza, che andrà in onda fino a settembre, in cui ci siamo dati come obiettivo quello di riprendere in mano, anche durante l’estate, le attività didattiche, rieducative e di vicinanza spirituale ai detenuti.

Riprendiamo il filo della puntata di oggi riportandovi a quanto ci siamo detti ieri in apertura di puntata dove, con ospite il sociologo Marco Bontempi, abbiamo parlato di un argomento che ci riguarda davvero tutti sia dentro che fuori dal carcere, ovvero i conflitti interpersonali, i cosiddetti litigi. Sappiamo che negli ultimi anni i conflitti e le tensioni tra detenuti italiani e detenuti immigrati sono cresciuti tanto che la direzione del carcere ha deciso la separazione organizzando lo spazio carcerario su base etnica sperando in questo modo controllare meglio la situazione. Ma sappiamo anche però che radunare una sola etnia nello stesso spazio non vuol dire assenza di conflitti, perché le differenze esistono anche tra persone provenienti dallo stesso paese. Dunque si potrebbe dire che ciò che accade in un contesto di privazione di spazi, e di libertà personale, quale è il carcere, dove si misura ogni giorno la lontananza da ogni dimensione affettiva (famiglia, coniuge, figli, parenti, amici) questo si traduce poi in stati depressivi, in aggressività e/o autoaggressività verso se stessi. E allora come fare? Forse bisognerebbe interrogarci sul perché e sul come si arriva a questo tipo di scontri  Abbiamo qui di nuovo con noi la voce in radio di Marco Bontempi per parlarci di questo e darci alcuni consigli a portata di mano….

Continuiamo con un altro ospite, più vicino da Bologna, Giovanni Nicolini prete che da anni si occupa e segue il percorso di reinserimento delle donne detenute al carcere della Dozza. Coadiuvati da Ignazio De Francesco, gli abbiamo chiesto di raccontarci il mondo della donna all’interno di una istituzione così maschile e maschilista, come appunto il carcere. Sempre sulle detenute, un’altro sguardo lo offre oggi il nostro arcivescovo Matteo Zuppi che ha rivolto un messaggio dedicato a loro a partire dal Vangelo.

Ancora: le rubrica “Un’estate di letture” curata da Associazione Avoc, dove ascolteremo la seconda parte della lettera che un detenuto ha scritto a un bibliotecario carcerario, e a seguire un’altro; e la rubrica di articoli dal mondo a cura di Fabrizio Mandreoli per aprire gli occhi sulle notizie internazionali.

Infine chiudiamo con la nostra rubrica di teatro “Radiodramma”, dove ascolteremo la seconda puntata dello spettacolo riadattato per la radio a firma della compagnia la compagnia Maniaci d’Amore, duo composto da Luciana Maniaci e Francesco D’Amore, intitolato “La casa non vuole”. Abbiamo visto che si tratta della storia di Lucenza e Clodo che sono marito e moglie, e sono due angeli caduti sulla terra in cerca della felicità e che si ritrovano a vivere in una casa a cui diventano morbosamente attaccati- anche perché sembra che questa Casa li voglia come proteggere obbligandoli a non uscire e a essere felici restando “dentro”. Ed è qui, in questo stare dentro che provano quindi a ricordare l’ultima volta in cui sono stati felici. Per chiudere ancora con un saluto ancora con quanto abbiamo detto in apertura di puntata con il nostro sociologo da Firenze sulla gestione delle conflittualità – specialmente interculturali – in spazi ristretti, allora quale modo migliore per lasciare l’ultima parola a una voce molto conosciuta all’interno del carcere della Dozza con Ignazio De Francesco, islamologo e volontario dell’Avoc a cui abbiamo chiesto di raccontarci quelle che sono le buone prassi che possiamo condividere da quella secolare, vasta e accogliente cultura che è l’islam.